Non si sa dove posare l’occhio qui dentro, tant’è pieno di cose, quadri da finire vecchi e nuovi, colori e pennelli sparsi nel disordine di anni e soprattutto immondizia e polvere a volontà.
Come un viaggiatore allenato a parlare più lingue, nel mio lavoro c’è posto per tutte le sollecitazioni e per nessuna. Sono abituato a lavorare pensando al linguaggio, al suo raffinarsi nel tempo, non allo stile, quello ne è figlio. Mi avvicino a Schianto, un opera che sto terminando, Edith, una mia amica, la chiama così. È la vera carcassa di un cane, molto simile al mio Kim, morto tanti anni fa cadendo in un pozzo, che ho recuperato su indizio del mio amico architetto Gino Zoli.
Cosa significa tutto questo? Cos’e’ questa brama di esporre la morte? Non lo so che cos’è, ma mi sto dedicando a questo tema da trent’anni, nei pensieri soprattutto: un controllo... |